martedì 22 dicembre 2015

ATMOSFERA DI NATALE RUDOLF STEINER

ATMOSFERA DI NATALE

Dobbiamo confrontare il periodo del solstizio d’inverno come quello respiratorio della Terra simile alla fase della nostra respirazione polmonare in cui abbiamo inspirato, quando in noi abbiamo l’aria inspirata e la elaboriamo, quando cioè tratteniamo il respiro. Nello stesso modo la Terra ha in sé le forze rispetto alla quali parlo qui di inspirazione ed espirazione. Fino alla fine di Dicembre essa trattiene quelle forze. Dobbiamo sempre pensare la respirazione della Terra in modo che in una parte della Terra vi sia l’espirazione, e nella parte opposta l’inspirazione. Possiamo dire che in questo periodo dell’anno la Terra ha in sé la propria componente animica. Ha tratto del tutto in sé la propria parte animica, perché le forze di cui parlo sono appunto l’elemento animico della Terra. Alla fine di Dicembre la Terra ha dunque del tutto in sé il proprio elemento animico.

Lo ha del tutto assorbito, così come l’aria è in noi dopo che l’abbiamo inspirata. E’ il periodo nel quale giustamente viene posta la nascita di Gesù, perché la Terra è, per così dire, nell’intimo possesso di tutte le proprie forze animiche. Poiché Gesù nasce in questo periodo, egli viene generato da auna forza che ha in sé tutta la componente animica della Terra. Al tempo del Mistero del Golgota, gli iniziati ancora degni della antica iniziazione collegavano un profondo significato alla convinzione secondo cui la nascita di Gesù sarebbe avvenuta nel periodo di inspirazione della Terra, quando la Terra trattiene il proprio respiro. Quegli iniziati cominciarono a comprendere l’interiore significato di quell’evento terreno dell’ultimo terzo di Dicembre che ora chiamiamo natalizio. Si dicevano: ora tutto deve riferirsi al Sole. Però il Sole può esercitare la sua forza sulla Terra solo quando essa ha espirato le sue forze. Intorno al Natale invece essa le ha inspirate, trattiene in sé il respiro. Gesù nasce nel periodo in cui, per così dire, la Terra non parla al Cielo, in cui la Terra si è del tutto ritirata in se stessa. Gesù nasce così in un periodo in cui la Terra si muove nello spazio cosmico trattenendo il proprio respiro, in modo che questo possa essere compenetrato dalla forza e dalla luce del Sole. In un certo senso, la Terra in questo periodo non offre il proprio elemento animico al cosmo, ma lo trattiene, lo coltiva in sé. Gesù nasce sulla Terra in un periodo in cui essa è sola con se stessa rispetto al cosmo. Cogliamo il sentimento cosmico che sta alla base di tutto ciò.


Durante l’espirazione estiva la Terra viene arimanizzata. Guai se la nascita di Gesù cadesse durante l’arimanizzazione della Terra! Prima che il corso dell’anno sia di nuovo compiuto e arrivi Dicembre, in cui rinasce l’impulso del Cristo nella terra compenetrata di anima, le forze spirituali devono purificarla dal drago, dalle forze arimaniche. La forza di Michele, la forza che purifica, che vince il malefico influsso arimanico, si deve unire con il respiro della Terra che fluisce da settembre a dicembre, affinché possa avvicinarsi la festa natalizia e svolgersi giustamente la nascita dell’impulso del Cristo, che poi maturerà sino all’inizio dell’espirazione, sino al tempo pasquale.
Tutta la scienza esoterica da sempre riconosce l’essenzialità della Terra nel periodo del solstizio invernale, nel periodo del Natale, come qualcosa di nascosto, come qualcosa che non può essere visto con le normali forze conoscitive umane, come qualcosa che rientra nel campo dei misteri esoterici. In tutti i tempi più antichi, in cui anche vi era qualcosa simile alle nostre attuali festività natalizie, si stimava che quel che avveniva nella Terra nel periodo natalizio poteva venir compreso soltanto con l’iniziazione alla conoscenza dei misteri, ai misteri ctonici come si chiamavano ancora in Grecia. Con questa iniziazione alla conoscenza dei misteri, l’uomo per così dire si estraniava talmente dall’atmosfera della Terra nella quale viveva con la propria coscienza usuale, che si immergeva in qualcosa in cui non poteva fisicamente immergersi; si immergeva nella sfera animico-spirituale, e così apprendeva che cosa la Terra diviene il pieno inverno, quando assorbe il proprio elemento animico-spirituale.

Con l’iniziazione a quei misteri l’uomo apprendeva che nel solstizio d’inverno la Terra è specialmente sensibile per essere compenetrata dalle forze della Luna. Il fatto che l’ interno della Terra fosse specialmente recettivo all’attività delle forze lunari indicava come in quel periodo soprattutto le piante fossero compenetrate di forze salutari, come in quel periodo la Terra facesse qualcosa di totalmente diverso non solo per il mondo vegetale ma anche per quello degli animali inferiori. La discesa nelle profondità della Terra si collegava anche a qualcosa che era sentito come un pericolo per l’essere umano. All’incirca ci si diceva: se veramente si guarda con amore ciò che come forza lunare vive nella Terra nel tempo natalizio, colmando di ciò la propria coscienza, si arriva a una specie di stato di coscienza nel quale si deve essere interiormente molto forti per far fronte all’urto delle potenze arimaniche che giungono da ogni lato, e che appunto vivono nella Terra avendo accolto l’attività delle forze lunari. Ciò che permetteva all’uomo di sopportare la durata dell’esistenza terrena, era visibile solo nelle forze che egli sviluppava nel proprio elemento animico-spirituale per vincere la resistenza delle forze avverse.

L’inconscio emergere dell’uomo entro le forze arimaniche al tempo dell’inverno e fino alla loro salita in primavera, quel mondo in cui emergevano le forze dell’uomo circondate dalle potenze arimaniche, era nei tempi più antichi chiamato inferno. L’azione degli déi nel periodo precedente la discesa del Cristo sulla Terra aveva il suo limite alle porte dell’inferno. Gli esseri divino-spirituali sentivano quel mondo come un mondo contrapposto; lo vedevano salire dalla Terra e lo sentivano come un mondo oltremodo difficile; erano però in contatto con quel mondo solo indirettamente attraverso gli uomini, lo potevano per così dire solo osservare. Poiché il Cristo era disceso sulla Terra ed era lui stesso diventato uomo, poteva ora discendere nel regno delle forze arimaniche e vincerle, cosa che appunto negli articoli di fede viene espressa con la discesa all’inferno. Il Cristo si era così unito con l’umanità da scendere nell’inferno cui l’umanità è esposta. Durante l’inverno e la primavera Egli potè conquistare per gli uomini ciò che dalle regioni extraterrene agisce dal tempo di Giovanni fino all’autunno.

Il Natale chiama San Giovanni, San Giovanni chiama il Natale. L’uomo si irrigidirebbe sotto le potenze arimaniche, se non potesse esporsi alle liberanti potenze luciferiche che danno di nuovo ali al pensiero, affinché non irrigidisca, ma possa di nuovo disgelarsi sotto l’azione della luce.
Durante l’inverno gli esseri elementari sono inseriti nell’anima della Terra e si individualizzano, si destano a coscienza, mentre in estate dormono del tutto. Ricominciano a individualizzarsi, e li si vedono già chiaramente come esseri particolari durante l’inspirazione della Terra al tempo di Michele, alla fine di settembre. L’uomo ha bisogno di questi esseri elementari: non ne è cosciente, ma ha bisogno di unirsi a loro per poter preparare il proprio avvenire. Potrebbe unirsi a loro se attorno a una festività che cadesse alla fine di settembre, con una speciale interiore vivacità sentisse come la natura si modifichi proprio verso l’autunno; se potesse sentire come la vita animale e vegetale si ritiri, come certi animali si apprestino a cercare l’inverno un luogo protetto, come le foglie delle piante arrivino ai loro colori autunnali, come tutta la natura appassisca.

Certo la primavera è bella, e sentirne la bellezza, la vita che cresce e sboccia è una bella prerogativa dell’anima umana. Anche però poter sentire, quando le foglie sbiadiscono, come esse assumano il loro colore autunnale, poter sentire, quando gli animali si rintanano, come nella sfera sensibile che deperisce sorga l’elemento animico-spirituale scintillante e splendente, come con l’ingiallire delle foglie vi sia un tramonto della vita germogliante e crescente, e che tutto ingiallisce affinché lo spirito possa vivere, poter sentire come nella caduta delle foglie vi sia il salire dello spirito, come il salire dello spirito sia la contromanifestazione dello spegnersi della sfera dei sensi: questa è la sensazione che dovrebbe animare lo spirito umano nel periodo autunnale. Allora esso si prepara nel modo giusto al periodo natalizio.


Gli antichi sapienti collegarono la Festa del Natale al periodo in cui la Terra è spiritualizzata al massimo, il Redentore poteva collegarsi soltanto con una Terra che avesse accolto nel proprio grembo l’intera spiritualità. Il Cristo penetra e scintilla dalla Terra nel periodo del Natale, scintillando da ogni anima umana, che anche se debolmente dotata di sensibilità, sente tale scintillio in forma di calore, di trasporto, di bontà, di amore per gli altri. E’ questo il Mistero del Natale, il fenomeno cosmico della Unione del Cristo con la Terra è contemporaneamente ricordato e rinnovato in maniera vivente proprio al tempo in cui la Terra per così dire muore e muore la potenza dei sensi. Anche così la Terra muore nel Cristo, a parità di ogni uomo, in attesa della Resurrezione.


Nei tempi antichi, come a poco a poco in autunno aumentava la conoscenza della natura, così nel profondo inverno gli uomini sentivano la tentazione dell’inferno, la tentazione da parte del male. Era appunto il tempo in cui l’essere umano doveva sviluppare ciò che in lui comunque si associa secondo natura: la scaltrezza,la furbizia, l’astuzia, facoltà tutte tese a ciò che è vantaggioso e che lui doveva dominare con la temperanza. Era appunto il tempo in cui l’uomo non doveva sviluppare il senso aperto alla saggezza che gli era richiesta, secondo l’antica saggezza dei misteri, nel periodo dell’illuminazione, durante l’estate. Proprio nel periodo in cui il male si manifestava nel modo indicato. egli poteva sentire la resistenza al male nel modo adeguato: doveva divenire temperato. Soprattutto ora, dopo il passaggio dall’illuminazione dell’estate alla conoscenza in autunno, dalla conoscenza dello spirito alla conoscenza della natura, doveva passare dalla conoscenza della natura alla contemplazione del male. Così lo si comprendeva, e ai discepoli dei misteri, ai quali i maestri avevano dato la direttiva per la piena estate: “Ricevi la luce” e per l’autunno “Guarda intorno a te”, per il profondo inverno suggerivano “Guardati dal male”.


Quello di cui abbiamo bisogno non è uno spirito astratto da un lato, e una natura priva di spirito dall’altro, ma una natura spiritualizzata e uno spirito naturalmente capace di dare forma,i quali sono un’unità e potranno anche intessere di nuovo in un tutt’uno religione, scienza ed arte.
Dobbiamo dare alle festività il carattere del ricordo, come si accenna alle monumentali parole del Cristo: “Fate questo in memoria di me”. Questo è il pensiero delle festività rivolto al lato del ricordo. Così come l’altro aspetto nell’impulso del Cristo deve continuare a operare in modo vivente, e non rimanere un’espressione morta alla quale solo si rivolga lo sguardo, anche questo pensiero deve di continuo agire creando sentimenti e nuovi pensieri; va compreso che le festività devono rimanere, anche se gli uomini si modificano, e che perciò devono anch’esse passare attraverso delle metamorfosi.


Il Natale deve riportare al centro della vita dell’uomo l’importanza del calore dell’anima dato da un puro sentimento. Nella vita animica umana distinguiamo il pensare, il sentire, il volere, e per il sentire parliamo dell’anima umana. Troviamo che il nostro pensare sia freddo, asciutto, scarno, sentiamo di logorarci spiritualmente, se i pensieri vivono in forma astratta della nostra anima, se non siamo in grado di compenetrarli col calore, con l’entusiasmo del sentimento. Possiamo considerare pieno di sentimento un uomo soltanto se attraverso i suoi pensieri, mentre ce li esterna, ci viene incontro un po’ del calore della sua anima. Possiamo veramente avvicinarci a qualcuno soltanto se si comporta nei nostri confronti e nei confronti del mondo, non solo in modo debito e corretto, ma se fluisce qualcosa nelle sue azioni, se dall’entusiasmo del suo cuore fluisce il calore, l’amore per la natura, per ogni essere.

L’anima umana risiede così in un certo qual modo al centro della vita animica. Dato che in questo periodo l’uomo affronta il suo eremitaggio cosmico, il pensiero vuole calcoli esatti dell’universo, gode forse della puntigliosità dei calcoli, ma appunto non percepisce come ciò sia in fondo lontano dal pulsare caldo della vita. Qualcuno può essere forse essere soddisfatto di un agire corretto e doveroso, senza sentire veramente come la vita, in questo agire scarno, sia solo una mezza vita. Le due cose non si avvicinano del tutto all’anima umana. Ma ciò che sta tra pensare e volere e che afferra l’anima umana, si avvicina già moltissimo all’intero essere umano. Ci inganniamo, se crediamo a volte che anche ciò che deve veramente riscaldare, elevare, entusiasmare l’anima possa oggi raffreddare alcuni, data la loro particolare disposizione. Se poi il singolo lo potesse sopportare animicamente, e raffredando la propria anima si costringesse a essere privo di sentimento, consumerebbe in una forma qualsiasi l’intero suo essere, lo consumerebbe fin nell’organizzazione fisica, nella salute, si ammalerebbe.

Molte delle manifestazioni di decadenza che compaiono nel nostro tempo di pendono in fondo proprio dalla mancanza di sentimenti a cui molti si sono rassegnati. Chi cresce semplicemente nella civiltà attuale guarda le cose del mondo esterno, le percepisce, se ne fa pensieri astratti: prova forse viva gioia, viva soddisfazione per il fiore grazioso, per la pianta maestosa, facendosene persino una imagine interiore, se ha fantasia. Solo, non ha idea di quale sia il rapporto più profondo di lui stesso con il mondo delle piante, tanto per sceglierne uno. Per una concezione spirituale certamente non basta che si parli di spirito, di spirito ed ancora di spirito; è necessario diventare coscienti dei rapporti veramente spirituali che abbiamo con le cose intorno a noi. In ogni pianta vi è infatti come incantato un essere spirituale elementare.

In fondo, guarda in modo giusto la pianta soltanto chi si dice che essa, in tutta la sua bellezza, è il rivestimento di un essere spirituale che vi è incantato. Certo, un essere relativamente insignificante, nel grande nesso cosmico, ma che ha un rapporto profondo con l’uomo. Il primo occhio umano che guarda un giglio determina che esso venga liberato dall’incantesimo da occhi umani. E’ un rapporto che il giglio instaura con l’uomo al momento in cui questi getta uno sguardo su di esso. Questo esseri elementari sono ovunque intorno a noi, e in effetti ci fanno la richiesta di non guardare i fiori tanto in astratto, di non farsene solo immagini astratte, ma di avere cuore, sentimento per l’essere animico spirituale che vive nei fiori e che vuole da noi venir liberato dall’incantesimo.

L’esistenza umana dovrebbe in effetti essere una continua redenzione degli spiriti elementari incantati nei minerali, nelle piante, negli animali.Quando poi i fiori appassiscono in autunno, si dovrà sentirà di essere riusciti a contribuire affinché il mondo possa procedere nuovamente un poco alla sua spiritualità e che con il fiore che appassisce e reclina, con il fiore che si trasforma nel seme, che indurisce e avvizzisce, un essere elementare sguscia dalla pianta. Nella misura in cui ci saremo compenetrati di forte energia micheliana, saremo noi a condurre l’essere elementare verso l’alto, alla spiritualità cui aspira.


Il Natale è quindi anche la Festa della Liberazione dai vincoli della materia, la Festa dello Spirito Liberato, che si riconosce in attesa della Resurrezione, e porta a coscienza la Sua vera essenza, dopo la prigionia e l’incantesimo vincolante della carne. Al pari dei fiori, in ogni essere umano l’anima è incantata nel corpo, aspirando alla liberazione e alla elevazione nello Spirito.
RUDOLF STEINER

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